Ultimo giorno di scuola

Ultimo giorno di un anno scolastico intenso e ricco di contraddizioni …
Come sempre, spero di aver fatto un buon lavoro curando lo spirito dei miei studenti, formandoli, educandoli e insegnando loro che noi docenti valutiamo il momento e non la persona e che un voto appartiene a un istante e non alla loro dignità. La scuola è soprattutto reciprocità, momento di crescita per docenti e studenti, è vita in divenire…
E ora attendo gli Esami di Maturità perchè un nuovo ennesimo capitolo della mia vita di insegnante deve ancora essere scritto con amore e passione…nonostante tutto…

GrazieaDiosonouninsegnante💗

maturità2021

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L’AMORE AL TEMPO DEL COVID 19, TRA VIDEO LEZIONI E BANCHI DI SCUOLA (racconto di Marinella Tumino)

Greta sorseggia un buon succo di melograno seduta sulla poltrocina in vimini nel terrazzino, volge lo sguardo fiero sulle piante fiorite e sul cielo radioso abitato da una folla di vivaci rondini che danzano libere. L’aria è tiepida.

E’ appena iniziato il mese di maggio, il mese in cui rose, glicine e lillà spandono per l’aria il loro delizioso profumo, mentre le api svolazzano di fiore in fiore…

“Un altro anno scolastico sta volgendo al termine, un altro anno carico di ansie e tensioni è agli sgoccioli. La pandemia ci ha letteralmente sfibrati e ora una stanchezza inesprimibile a parole si sta facendo strada”, riflette la donna mentre avvia il PC.

Ecco che la schermata di Meet pian pianino comincia a riempirsi dei volti degli studenti di quarta, ultimo anno di studi per loro che frequentano il liceo italiano di Istanbul. Volti di giovani, vittime di un periodo storico senza precedenti che li ha costretti a vivere una vita tutta nuova e da inventare,  piena di ansie, paure e attese; adolescenti sottratti alla bellezza della loro “età fiorita”, come la definisce Leopardi che nei suoi ultimi versi de “Il sabato del villaggio” esorta il garzoncello scherzoso a godere pienamente dello splendore della giovinezza e a non aver fretta di crescere.

“Buongiorno, prof…eccoci! Ma quando rientriamo in classe?”, domanda rammaricata Elisa. “Non ne possiamo più!”.

“Concordo con voi, cari ragazzi. Siamo stanchi di questo andirivieni dai banchi di scuola alla DAD. Mi dispiace davvero tanto”, si esprime con amarezza Greta, poi aggiunge, “vi avevo invitati a vivere a cuore pieno la vita scolastica in presenza in questo restante ultimo mese. Negli ultimi 15 mesi, dall’inizio della pandemia ad oggi, vi siete persi troppe esperienze  e nessuno potrà restituirvele. Fra qualche mese la vita tra i banchi di scuola vi mancherà e capiterà che la nostalgia si impossesserà di voi. Vi torneranno in mente gli anni di spensieratezza, le complicità, le risate, le esperienze della quotidianità condivisa. I ricordi vi accompagneranno fino a quando giovani non sarete più, ve lo garantisco!”.

“Una cosa è certa”, interviene Sena, “abbiamo imparato a rinunciare a parecchie cose belle come abbracciarci, prenderci per mano, sfiorarci il viso con una carezza…e poi abbiamo perso l’opportunità di fare tante attività interessanti e in particolare le gite scolastiche. Ma ci pensate, ragazzi, che siamo quegli sfigati che non hanno potuto fare la mitica gita di fine liceo a causa della pandemia?”, subito le si arrossiscono gli occhi che presto si riempiono di lucciconi.

“Speriamo di poter tornare a scuola almeno per l’ultima settimana e poter correre felici nel piazzale e magari farci i gavettoni”, l’allegro Eugenio dice la sua con enfasi.

“Mentre parlavate, ho cominciato a scorrere l’album dei ricordi di questi 4 anni trascorsi insieme. Istanbul è un pezzo di cuore per me, così come questo liceo in cui ho vissuto momenti unici resi ancora più speciali dalle amicizie che si sono cementate nel tempo. Manca davvero poco alla fine. A volte, non ci si rende conto di quanto scorra velocemente il tempo. Sembra ieri che abbiamo iniziato a frequentare la prima superiore e pensavamo che il tempo a scuola sarebbe stato infinito, invece non abbiamo realizzato che questi anni sarebbero arrivati a una fine”.

“Certo che così mi state facendo commuovere”,  piagnucola Leila. “Mi mancherà tutto di questi anni e della scuola, anche il suono della campanella!”.

“Dai, ragazzi! Cogliamo l’attimo ed esprimiamo tutto quello che ci passa per la testa e attraversa il cuore, come vi ho insegnato io. E se avete bisogno di piangere, di commuovervi, di ridere, fatelo pure!”.

“Grazie, prof! Lei è stata per noi una gemma preziosa, un immenso dono di Allah”, sorride grata Pinar.

“E voi lo siete stati per me”, Greta trattiene a stento le lacrime. “Vi porterò nel mio cuore sempre per sempre, ricordatevelo!”, poi aggiunge incuriosita, “e tu, Roby, che sorridi sorniona, a cosa stai pensando? All’elaborato da ultimare?”.

“No prof., ecco….ecco, c’è di più!”, la giovane risponde un po’ impacciata, come se fosse stata colta in flagrante, “a dire il vero ho…ehm…abbiamo… una novità, una bella notizia da condividere con lei e con tutta la classe”.

“Abbiamo? ”, chiede perplessa Simona.

Per un attimo pare che la connessione si sia bloccata: i volti degli studenti sembrano simultaneamente paralizzati dal desiderio di sapere. Roberta è una ragazza di origini calabresi, molto timida e riservata. In quegli anni a Istanbul e al liceo ha imparato ad aprirsi con gli altri, seppur con molta discrezione e in punta di piedi.

“Bene, volevo condividere con voi dei versi della poetessa Piera Oppezzo che lei, professoressa, ci ha fatto conoscere e apprezzare. E’ stata ed è una grande Maestra delle parole. I suoi versi guardano dritto nell’abisso…

Ti amo, per le infinite
strade del mondo,
per i giorni di pioggia
e l’accendersi lento del sole:
tutte cose che vedo ricordandoti.

Ma, soprattutto, ti amo
per la tua consapevole vita

Ho voluto condividere questa poesia tratta dalla sua raccolta “Amore” per annunciarvi che io e Fatih ci siamo messi insieme! “.

Ed ecco un’esplosione di urla, di Hurrà, di Bravi, di Complimenti e di  E chi l’avrebbbe mai detto?

“Ma che notizia fantastica! Non potevi condividerne una migliore…adesso però ci hai incuriositi. Ma, a proposito, non eravate ai ferri corti qualche tempo fa?”, chiede Greta.

“Grazie per il vostro affetto”, interviene Fatih un po’ turbato. “Sì è vero, non siamo mai andati molto d’accordo per divergenze di idee o forse perché siamo troppo simili, però ci siamo “scoperti” proprio a inizio pandemia, quando abbiamo cominciato a fare le video lezioni e abbiamo dato vita a delle chat lunghissime in cui ci siamo confidati, raccontati e…niente…ecco, ci siamo innamorati!”

“Sono incantata! Evviva l’amore e la multiculturalità. Grazie per l’annuncio pubblico. Immagino vi sia costato farlo, conoscendovi…”, sono le parole di entusiasmo della professoressa.

“Devo ammettere che il lockdown di inizio anno scolastico e la DAD sono stati per noi “galeotti”, l’occasione per conoscerci a fondo, per apprezzarci, per innamorarci, tuttavia ci piacerebbe davvero rientrare in classe e gustare tra i banchi questo nuovo legame ma anche e soprattutto per vivere con il resto della classe i fatidici ultimi giorni di liceo …”

“Abbiate fiducia, sento che prima degli esami rientreremo, seppur per pochi giorni, e ci abbracceremo e sorrideremo con gli occhi. La scuola è studio, conoscenza, cultura, apprendimento dei saperi, ma è anche educazione, teatro di crescita civile e di cittadinanza; è luogo in cui nascono e crescono affetti, sentimenti e si affermano le prime amicizie, che, in molti casi, resteranno per tutta la vita. Quella che abbiamo vissuto oggi  è la scuola che piace tanto a me, miei carissimi ragazzi, quella della condivisione della bellezza e dell’incanto e oggi ci siamo donati reciprocamente tante belle emozioni, aggiungendo altri preziosi tasselli alla nostra crescita umana… E il naufragar m’è dolce in questo mar…” .

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“L’amante di Lady Chatterly”: dall’Inghilterra alla Sicilia.

Due isole, Inghilterra e Sicilia, geograficamente lontane eppure molto vicine … Lo scrittore inglese David Herbert Lawrence (1885- 1930), autore dello scandaloso romanzo del Novecento “L’amante di Lady Chatterley”, malato di tisi che gli aveva provocato gravi danni ai polmoni, sperava in una guarigione grazie al rinomato sole siciliano. Così si trasferì con la moglie, la baronessa tedesca Frieda Richthofen, più vecchia di lui di oltre 5 anni, a Taormina nel gennaio del 1920, per un soggiorno di circa 2 anni. La coppia inglese soggiornava in via Fontana Vecchia, un po’ fuori Taormina, e Frieda andava spesso a prendere il tè, a volte anche a pranzare, nella villa di campagna dell’amica inglese Betty, nei pressi di Castelmola. Poiché il tragitto era impervio, ripido e lungo, Betty le aveva messo a disposizione un suo mulo condotto dal mulattiere Peppino D’Allura, il quale ogni giorno andava a prendere la baronessa nella casa di via Fontana. Lei in sella e lui a piedi. Al tramonto percorrevano la stessa strada per far ritorno a Taormina.

A quanto pare, un giorno Betty attese vanamente l’arrivo dell’amica, colta di sorpresa e bloccata da un improvviso acquazzone estivo. Fu così che Frieda e Peppino si ripararono in un casolare, in un vecchio palmento, ubicato in un vigneto di proprietà del padre di D’Allura, ma si racconta che la baronessa rimase pochissimo dentro l’edificio e che, appena uscita fuori, si lasciò completamente bagnare dalla pioggia e si tolse gli abiti bagnati, denudandosi, correndo nel vigneto e invitando Peppino, anche lui con gli abiti inzuppati dalla pioggia, a fare la stessa cosa; l’uomo, piuttosto timido e riservato, si mostrò reticente. Si narra che fu la donna a spogliarlo. Dunque, complice il temporale, ebbero inizio i giochi amorosi del mulattiere e la baronessa, che racconterà al marito scrittore, con dettagli talvolta scabrosi, gli incontri tra i due amanti. Fu così che l’autore trovò ispirazione per il suo famoso romanzo “L’amante di Lady Chatterly”. Il rapporto tra i due amanti cominciò nel vigneto sotto la pioggia, proseguì in un campo di gigli, nella vasca della pigiatura dell’uva, nel tino del palmento, in un casolare quasi diroccato, con tetto sfondato, dove penetrava il sole. Quindi, dall’agosto 1920 al febbraio 1922, D’Allura fu l’amante della baronessa tedesca Frieda Richthofen. Betty, l’amica inglese, mise a loro disposizione anche un mini appartamento per i loro incontri d’amore. A Taormina tutti sapevano dell’intrigo amoroso tra Peppino e la baronessa, tuttavia fu una grande sorpresa l’uscita del romanzo nel 1928, anni dopo la partenza definitiva dei coniugi Lawrence. Impensabile per tutti che nei due anni del soggiorno taorminese dei due coniugi, potesse essere scritto e raccontato dallo stesso marito la tresca amorosa della baronessa e del mulattiere. Peppino era analfabeta e non potè leggere il libro. Morì nel 1990, all’età di 92 anni, nella sua casa di Castelmola, ma non si sa se avesse tenuto per sé il segreto o se lo avesse raccontato agli amici in osteria, trasformando quella storia di grande passione in un argomento degno del gossip. Si sa per certo che le vicende di Lady Chatterley in Sicilia sono una pagina decisamente interessante della storia della nostra isola.

TRAMA DEL ROMANZO

Siamo nell’Inghilterra vittoriana, potenza coloniale e fra le vincitrici della Grande Guerra, che vive un periodo di grande splendore. La rivoluzione industriale è sempre più ben avviata, a beneficio della già benestante borghesia. Tutto insomma indica movimento, progresso, sviluppo e nel corso di un’evoluzione così veloce e tumultuosa non poteva rimanere immutato il ruolo della donna, che esce dall’ombra in cui è stata posta nel corso dei secoli. La protagonista, futura Lady Chatterley, è senz’altro l’emblema di questo cambiamento: è cresciuta nell’ambito di un’educazione moderna, allontanandosi dalle convenzioni ed ha potuto girare l’Europa, conversare con intellettuali e pensatori del tempo, anche socialisti (quindi contrari al “sistema”) e, soprattutto, ha potuto liberamente vivere le sue prime esperienze sessuali prima del matrimonio.

Il marito, paralizzato dalla vita in giù a causa di una ferita di guerra, è invece alla ricerca di qualcosa che compensi la sua impotenza e lo trova nell’asservimento alla “dea cagna”, per dirla con le parole di Lawrence, che altro non è che la ricerca spasmodica della fama, innanzitutto come scrittore e poi anche come industriale in ambito minerario. Ma la condizione psicofisica di Clifford sembra essere soprattutto il simbolo di quella parte dell’umanità che, in un’epoca economicamente così florida, persa nella brama di ricchezza e di successo, è divenuta insensibile, calcolatrice, e ha perciò smarrito una sorta di “dimensione naturale”, fatta di piaceri semplici, genuini e di emozioni autentiche, immediate e non di finzione. Una volta sposata, tuttavia, Connie proverà sinceramente ad amare il marito, anche dopo la disgrazia che lo ha colpito, ma, col passare del tempo, non lo sopporterà tanto da arrivare a odiarlo; il “tradimento” da lei perpetrato, quindi, non è solo a danno della fedeltà coniugale ma anche a scapito della devozione a un sistema che ha reso gli uomini “sterili all’amore”.

Del resto anche il suo amante Oliver Mellors che, si badi bene, Connie ha scelto nonostante appartenga a una classe inferiore, quindi contro le convenzioni sociali, è, a suo modo, un “uomo-contro”: è deluso dall’esercito cui è appartenuto, è disilluso nei confronti del matrimonio, è diffidente verso l’umanità, è a tratti chiuso in un atteggiamento ruvido che lo porta a ritirarsi nel suo lavoro di guardacaccia (quindi in contatto con la “natura”) e a esprimersi quasi esclusivamente in dialetto. Ma ha una profonda carica erotica…

Lawrence ha nei confronti della sua creazione un atteggiamento positivo; ne difenderà sempre le scelte, motivandole.

L’autore

Nato a Eastwood, nel cuore dell’Inghilterra mineraria l’11 settembre 1885 da padre caposquadra di minatori e da madre insegnante, dopo gli studi di base, trovò lavoro in una ditta produttrice di attrezzi chirurgici e ortopedici ma il primo manifestarsi della tubercolosi – che lo ucciderà a 44 anni – lo costrinse a declinare lavori duri e faticosi permettendogli così di concentrarsi sulla pittura e sulla scrittura.

Dopo essere tuttavia riuscito a conseguire nel 1908 l’abilitazione all’insegnamento e aver cominciato a insegnare, fu costretto a dimettersi sempre a causa di complicazioni polmonari.

Iniziò così un lungo peregrinare in giro per l’Europa in compagnia della moglie Frieda von Richtofen, alla ricerca di un ambiente salubre che lo aiutasse a guarire. Soggiornò prima a Metz, in Francia, poi a Monaco di Baviera, in Tirolo e sul lago di Garda.

Con la fine della prima guerra mondiale, che costrinse i Lawrence a vivere confinati a Londra perché sospettati di simpatie per la Germania, lo scrittore e la moglie poterono riprendere i loro viaggi: furono nuovamente in Germania e in Austria ma anche in India, Ceylon, Australia, Nuova Zelanda, Isole Cook, Tahiti, Stai Uniti, Messico ma anche in Italia (Firenze, La Spezia, Spotorno, Ravello, Capri, Taormina, Cagliari). La sua opera più conosciuta, “L’amante di Lady Chatterley”, che per gli scabrosi argomenti trattati sarà di fatto messa al bando in Europa e otterrà il visto della censura solo nel 1960 nel Regno Unito, ha “origini italiane”, si racconta faccia riferimento ad avventure amorose della moglie in Sicilia: fu scritta durante un soggiorno a Firenze dove sarà per la prima volta pubblicata suscitando subito scandalo. Dopo altri viaggi (Svizzera, Parigi, ma di nuovo Italia a Forte dei Marmi), causa l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, Lawrence fu ricoverato nel sanatorio di Vence, in Provenza, dove si spense prematuramente il 2 marzo 1930.

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Ad memoriam: il 31 marzo 1945 moriva Anne Frank…

31 marzo 1945: sono trascorsi 76 anni da quel giorno, nefasto indubbiamente, ma uguale a tanti altri precedenti che hanno caratterizzato l’Europa durante il regime nazista con le violenze di massa e il pianificato sterminio di Ebrei (e non solo!).
E, a proposito del 31 marzo 1945, il mio pensiero va alla giovane adolescente dispensatrice di speranza e ottimismo: Anne Frank.
Oggi ricorre l’anniversario della sua morte avvenuta quando aveva poco più di 15 anni.
Era stata costretta alla reclusione clandestina, dal luglio 1942 all’agosto 1944, nella soffitta di Prinsengracht n.263 sopra gli uffici della ditta di Otto Frank ad Amsterdam, assieme ai suoi genitori, alla sorella Margot, alla famiglia Van Daan e al dottor Dussel.
E’ grazie alle pagine del suo diario, destinate a segnare la nostra storia, che la giovane ha aperto una finestra sul mondo, regalando a noi osservatori e lettori curiosi uno spaccato della sua vita da relegata (fra quelle quattro mura con le finestre oscurate!) ma densa di emozioni. E attraverso quelle pagine è possibile entrare nell’esistenza dell’adolescente, nelle sue fragilità, nelle sue speranze, nel suo desiderio che barcollava fra la voglia di fuggire e abbattere le distanze e quella di rimanere a proteggersi.Nelle pagine del suo diario dialoga con il suo Io più profondo narrandogli le piccole scoperte inerenti il suo mondo interiore e anche le novità sulla realtà esterna.
Anne si raccontava delle storie, immaginava, sognava, creava. La parola ha così sorretto la ragazzina, la parola pronunciata con difficoltà, scritta con stile delicato, a momenti affrettato, le ha regalato la forza di andare avanti, nonostante fosse sommersa da orrore, incubi, sussurri e vivesse trascinando i piedi scalzi sul pavimento all’interno di spazi limitatissimi. E’ la forza della scrittura che è in grado di dilatare il tempo e di fissarlo, immortalando attimi, idee, riflessioni.


Anne viene colpita dal tifo e muore qualche giorno dopo la sorella Margot nel campo di Bergen Belsen. La loro è una morte vacua e priva di racconti, se non di scarne ed effimere testimonianze. I corpi, ritrovati esanimi dalle compagne, furono teneramente avvolti in una coperta e portati in una fossa comune, sepolti in un prato desolato e deserto.
Ma la vita di Anne si distingue di gran lunga dalla sua morte: la prima del tutto autentica e originale, mentre la seconda, nello sterminio pianificato dei nazisti, risulta totalmente uguale a quella di migliaia di altre. La storia di Anne è singolare perché ci ha fatto dono della speranza, di felicità e gioia di vivere di cui lei ha gustato ben poco, seppur abbia riempito, parlandone, pagine e pagine d’inchiostro. E proprio quelle pagine, oggi più che mai, interpellano tutti noi e ci chiedono di riflettere, di continuare a sperare, di resistere. Sì, proprio così, resistere!!!
“La ricchezza, la bellezza, tutto si può perdere, ma la gioia che hai nel cuore può essere soltanto offuscata: per tutta la vita tornerà a renderti felice. Prova, una volta che ti senti solo e infelice o di cattivo umore, a guardare fuori quando il tempo è così bello. Non le case e i tetti, ma il cielo. Finché potrai guardare il cielo senza timori, saprai di essere puro dentro e che tornerai a essere felice.” (1 agosto 1944, ultimo brano tratto dal Diario di Anne Frank)

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DOWNTON ABBEY: UNA SERIE MOLTO “ENGLISH”

RECENSIONE

Si tratta di una serie Tv che comprende ben sei stagioni. E’ ambientata, tra il 1912 e il 1926 durante il regno di re Giorgio V, nella fittizia Downton Abbey (a quanto pare, in origine, era un’abbazia rubata da Enrico VIII alla Chiesa e, come tante altre proprietà, distribuite ai nobili per acquistarne l’appoggio), tenuta di campagna del Conte e della Contessa di Grantham nello Yorkshire.

La serie segue le vite e le vicende dell’aristocratica famiglia Crawley che si intrecciano con quelle dei loro domestici, a partire dal 15 aprile 1912, data di affondamento del RMS Titanic. Alla notizia della tragedia, la famiglia Crawley è sconvolta nell’apprendere che il cugino del conte, James Crawley, e suo figlio Patrick, erede della loro proprietà, nonché della cospicua dote della Contessa Cora Grantham, sono deceduti nel naufragio. Nuovo beneficiario diventa il giovane Matthew, cugino di terzo grado della famiglia e avvocato a Manchester. I Crawley, soprattutto la Contessa Madre Violet, rabbrividiscono all’idea che una persona “che lavora”, senza la minima intenzione di adattarsi alla vita aristocratica da loro condotta, possa ereditare il loro intero patrimonio. La forza di Downton  sta nella tipologia di racconto che si concentra maggiormente sulla coralità dai densi dialoghi, sul delicato contesto narrativo e sulle relazioni instauratesi tra i membri della famiglia e i domestici, generando così un intenso meccanismo empatico tra pubblico e cast, con cui ci si sente realmente a casa, a sorseggiare il tè con Lady Violet (interpretata da Maggie Smith), a sentire le “solite” rimostranze di Lady Mary, a vedere Carson & Hughes (interpretata da Phyllis Logan) dirigere la cucina e battibeccare per poi innamorarsi. In Downton Abbey ci si affeziona a più personaggi, visto che ognuno viene caratterizzato in maniera approfondita. Quello che mi è piaciuto di più? Di certo, Lady Violet è quella sui generis: conservatrice, tipicamente “English” con il suo sarcasmo che spesso è davvero tagliente, tuttavia nel corso della storia riserva delle piacevoli sorprese. E’ emblema di un passato pieno di orgoglio, ma in un’accezione ormai positiva, vincente e con il suo essere schietta e acuta riesce a conquistare il pubblico.

Si nota anche la cura nello spiegare tutti gli eventi e le varie trame che intrecciano ogni elemento della storia. Proprio per la tipologia di racconto basato più sulle relazioni tra i personaggi che non sugli eventi narrativi, Downton Abbey diventa un’ulteriore opportunità di racconto per dare visibilità ad alcuni dei personaggi secondari più emblematici e caratteristici della serie televisiva, specie tra i domestici. Svariate tonalità socio-politico-culturali, che danno colore e pepe a una narrazione che, come ho già sottolineato, gioca tanto sulle relazioni tra i personaggi che non sugli eventi in sé.

Ci sono passaggi storici riconoscibili: si comincia con l’affondamento del Titanic, passando per la Prima Guerra Mondiale e poi per la pandemia della Spagnola. C’è l’evoluzione degli stili di vita e dei costumi sociali e morali. L’abbigliamento, gli accessori, le acconciature, i cambi d’abito ad orari fissi, l’ora del tè sono ingredienti fondamentali a supporto del mito di Downton.

DOWNTON ABBEY è un modello di stile col quale sognare, tra tolette elegantissime, riti di una volta, scorci di una magione nobiliare ormai iconica. Fa da sfondo con la monarchia, la nobiltà, l’inno, il verde della campagna, gli inconfondibili paesini, la magione ed i suoi ambienti, le acconciature, gli abiti. Soprattutto gli abiti; come nella serie si insiste sui E ancora il rito della cena, i camerieri personali impeccabili, i balli. Da vedere assolutamente per chi ama l’Inghilterra, la sua storia e le sue tradizioni!!!

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